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Cani in fuga.


fuga

A volte i cani scappano da casa.
I motivi che li inducono alla fuga posso essere molteplici: i casi che ho trattato vedono al primo posto la mancanza di rapporto con la famiglia: il cane non ha riferimenti e preferisce andare altrove oppure non ha ben chiara la sua posizione sociale.
Con altri cani ho trattato il problema della noia e dell’attaccamento verso il proprietario: nel primo caso (la noia) il cane non aveva distrazioni sufficienti in giardino e nel secondo voleva seguire il padrone quando usciva da casa.

Altri motivi di fuga possono essere la presenza nelle vicinanze (anche chilometri) di femmine in calore, spaventi improvvisi (ad esempio spari o botti), modifiche dell’ambiente (ad esempio l’apertura di un cantiere edile vicino alla propria abitazione), iperattività (il cane ha sempre bisogno di fare qualche cosa), non riconoscere i limiti del territorio (caso di cui mi sto occupando in questi giorni).

La fuga può essere giustificata da più motivazioni quindi non si devono trarre conclusioni affrettate. Le soluzioni da adottare si differenziano in base alla singola situazione e potranno esservi suggerite da professionisti che le valutano e che le approfondiscono con voi. Diffidate da chi vi propone una soluzione sbrigativa e soprattutto coercitiva.

Il mio primo consiglio è di non sgridare mai il cane quando torna. Ricongiungersi a voi, tornare a casa, dovrà sempre essere un momento meraviglioso.
Se lo punite potrebbe anche decidere di non rientrare (mica scemo); lo perderete e perderete anche l’occasione per approfondire la sua conoscenza e consolidare un legame unico nel suo genere.

 

Un premio per ogni occasione


un premio per ogni occasioneNella mia professione di educatrice cinofila mi capita spesso di sentire definizioni come “il metodo del bocconcino”, “il metodo gentile”, “il metodo del premio” o cose simili.
Queste descrizioni sono, in verità, molto limitative, poiché dietro ad un biscottino, così come dietro ad un nostro gesto, si nasconde un mondo di percezioni, emozioni e conoscenze.
Per questo è molto importante capire esattamente cosa succede nella mente del nostro cane quando lo premiamo e sapere in che modo,  quando, quanto e perché farlo.
I nostri amici a 4 zampe sono di vedute molto aperte. Per loro tutto può essere un premio: il cibo, un gioco, una nostra azione, perfino un suono.
Il repertorio di “gratificazioni canine” è talmente vasto che difficilmente riusciamo a renderci conto di quante conferme, quasi sempre involontarie, diamo al nostro cane, anche quando sta compiendo azioni non ammesse nella nostra società come, ad esempio, salutarci saltandoci addosso. I nostri tentativi, a volte anche poco gentili, di tenerlo lontano, sono da lui percepiti come attenzioni. Per questo continuerà a riproporre il comportamento che noi vorremmo invece far cessare.
Anche per i giochi le possibilità sono molteplici: ci sono giochi creati appositamente per i cani, altri per i bimbi e…molte cose che giochi non sono. Il cane non fa alcuna differenza: per lui qualunque cosa o attività stimolante, piacevole e divertente è un gioco; anche lo spazzolone passato sul pavimento per asciugare la sua pipì – che non smetterà più di fare in casa se ci mettiamo, inconsapevolmente a giocare con lui facendo scorrere lo straccio avanti e indietro. La soluzione ottimale è togliere il “bisognino” di nascosto, quando non ci sta guardando.
Il cibo è ritenuto il “mezzo” per insegnare al cane esercizi precisi; è sicuramente il metodo più usato e più conosciuto come “rinforzo positivo”.
Cosa succede in pratica?
Il cane compie l’azione e viene immediatamente premiato. Anche qui è importante essere consapevoli di ciò che stiamo facendo: il rinforzo è associato all’azione se arriva entro 0,58”. Sì, avete capito bene: meno di    1 secondo. Se non rispettiamo questi tempi, rischiamo di premiare  un’azione diversa da quella richiesta. Ad esempio: chiediamo al cane di mettersi “seduto”, lui si siede, noi tiriamo fuori il premio ma nel frattempo il cane gira la testa. Noi, in verità, stiamo premiando quest’ultima azione. Il rischio a cui andiamo incontro è duplice: diventare dei semplici distributori di cibo ed essere poco chiari nella comunicazione.
Apprendere i corretti meccanismi può essere molto divertente, esattamente come educare al meglio il nostro cane. Abbandonare gli schemi, conoscere davvero il nostro amico e dare spazio alla fantasia…queste sono le buone mosse da mettere in atto. Imparando a gestire il premio – cibo, gioco, attenzione – nella quantità, nel modo e nel momento giusto, non solo insegneremo al cane dei comportamenti precisi ma rinforzeremo anche la nostra relazione, perché tutto ruoterà intorno
al principio della collaborazione e non dell’imposizione. Il segreto per stare bene insieme e ottenere grandi cose è conoscerlo. Quale gioco gli piace di più? Qual è il suo cibo preferito? Würstel, biscotto, formaggio? Ama le nostre coccole sopra ogni cosa? Il nostro cane non torna quando lo chiamiamo? Magari non siamo abbastanza interessanti perché lo abbiamo sempre premiato con il cibo che, forse, lo interessa meno della pallina.

Prima di educarlo bisogna capirlo.
Perché il premio non è solo un gesto ma è il mondo dei suoi significati che fa la differenza.

 

Una ventata di freschezza


Simone, Davide, Rossana, Spyke e StellaQualche mese fa sono stata chiamata dalla mamma di Simone e Davide per fare chiarezza su problemi insorti tra i bambini e i cani della famiglia.  Spyke e Stella sono giovani e molto diversi tra loro. Sulle basi delle informazioni acquisite durante il primo incontro, ho messo in atto un percorso con il quale è stato spiegato e dimostrato come relazionarsi per ottenere un rapporto equilibrato e sereno, attraverso la comprensione e la conoscenza dei loro cani e la consapevolezza che le loro reazioni sono le risposte a stimoli, per lo più proposti dai proprietari. Modificando un poco il comportamento sia dei genitori che di Simone, tutto è rientrato nella normalità. Ora sta a mamma, papà e Simone, mantenere questo stato di cose.

Simone ha scritto un tema dal quale traspare l’amore e la voglia di stare insieme. Trascrivo quello che ha dedicato a Spyke.

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DESCRIVO IL MIO ANIMALE

Ciao, sono Simone e vorrei presentarvi il mio cane. Due anni fa a Natale mi è arrivato un cane divertente e simpatico, l’abbiamo chiamato Spike.

I suoi occhi sono piccoli come bottoni verdi, la sua bocca è grande e ha denti lunghi, quattro. Mangia tutto. Il collo è robusto e la razza si chiama golden retriver, si muove velocemente ed è molto morbido e molto  profumato. Spike è goloso di costine, delle croste della pizza e di croccantini. Di giorno giochiamo con la palla e di notte dorme felice. E’ contento quando sono con lui però quando è con gli altri animali abbaia.

Quando andiamo al mare Spike sta a casa e lo cura il nonno. Quando ritorniamo dalle vacanze è arrabbiato ma poi ritorna felice come sempre. Quando usciamo a fare una passeggiata diventa “pazzo” perchè lungo il percorso c’è un fiume lui si tuffa e nuota un po’ poi esce e si asciuga schizzando acqua verso di me. Spike ormai è un componente della mia famiglia.

 

Che cosa sarà mai successo alla parola “dominante”?


di  L. David Mech  (link all’articolo originale)
lupacchiotti david mechL’aggettivo “alfa” o “dominante”, riferito ai lupi, ha una lunga storia alle spalle. Per molti anni libri e articoli sui lupi hanno parlato di maschio e femmina alfa, o della coppia alfa. In saggi meno specialistici il termine è ancora tuttora in uso. Comunque, acuti osservatori hanno notato un ribasso di questo trend negli ultimi anni. Per esempio, in un lungo articolo sull’accoppiamento dei lupi, diciannove importanti biologi, sia europei sia americani, non hanno mai usato il termine “alfa”. L’articolo, intitolato “The Effects of Breeder Loss on Wolves” (Gli effetti della perdita di esemplari riproduttori sui lupi) fu pubblicato nel 2008 in un inserto del Journal of Wildlife Management. Nel libro di 448 pagine pubblicato nel 2003 da Luigi Boitani e dal sottoscritto, “Wolves: Behavior, Ecology and Conservation” (Lupi: comportamento, ecologia e conservazione), scritto da ventitré autori, la parola “alfa” compare solo sei volte, e solo per spiegare il motivo per cui il termine è obsoleto. Che cosa significa tutto ciò? Questo mutamento della terminologia riflette un importante cambiamento nel modo di pensare riguardo ai comportamenti sociali del lupo. Piuttosto che ritenere un branco di lupi un gruppo di animali organizzati, con un esemplare (o una coppia maschio-femmina) che lotta per divenire “capobranco”, la scienza è giunta alla conclusione che la maggiore parte dei branchi dei lupi non è nient’altro che nuclei familiari, formatisi esattamente come le famiglie umane. Ovvero, lupi adulti di entrambi i sessi, provenienti da diversi branchi dispersi, girovagano finché non si trovano l’un l’altro; in un’area priva di altri lupi e con prede adatte, si corteggiano, si accoppiano e generano i loro cuccioli.
A volte, questo processo …

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Una conoscenza bestiale


articolo animalinformaAd un corso frequentato agli inizi del mio percorso formativo ha partecipato una femmina di Husky che da cucciola era stata vittima di un incidente. Il trauma riportato le aveva fatto perdere l’uso di un occhio e delle zampe posteriori.  La sua proprietaria aveva preferito non raccogliere i consigli che le suggerivano la soppressione dell’animale. In barba al destino l’ha chiamata Gioia è l’ha munita di un ausilio a rotelle che le permettesse la deambulazione. Non ricordo che età avesse il cane quando ha partecipato al corso di educazione ma ricordo come sia stato possibile farle fare buona parte delle attività previste dal corso stesso. Grazie alla conoscenza delle sue capacità cognitive ed al corretto approccio da adottare abbiamo tutti visto ed imparato come un cane, anche se privato di una parte importante della sua motilità,  possa condurre una vita decorosa ed attiva. Valorizzare la sua mente e tenerla attiva gli consente un impegno pari a quello fisico, lo gratifica e sopperisce alla mancanza di attività motoria alla quale è obbligatoriamente costretto a rinunciare.
Fino a qualche anno fa questo non sarebbe stato possibile. L’addestramento del cane prendeva in considerazione solo l’aspetto performativo (l’esecuzione di comandi) e per questo Gioia non avrebbe potuto avere una vita serena o, forse, non avrebbe proprio vissuto. Fortunatamente tutto è in evoluzione e con l’avvento del metodo cognitivo-zooantropologico si è scoperto un nuovo modo di vivere con il proprio cane, valorizzando la sua diversità e abbandonando quel deleterio retaggio culturale che lo considerava un essere inferiore.
In due parole ecco perchè approccio “cognitivo-zooantropologico”:
- cognitivo: la mente del cane è attiva ed elaborativa e i comportamenti ne sono la sua espressione
-  zooantropologia: è la scienza che studia il rapporto tra l’uomo e le altre specie e si propone di far conoscere la straordinaria importanza della relazione con gli animali. In cinofilia l’incontro delle due entità uomo-cane dà frutto ad un rapporto teso a valorizzare, arricchire ed equilibrare tale relazione. Fornisce gli strumenti per capire a fondo il proprio cane e farsi capire da lui. Il cane non viene più considerato un soggetto passivo, “utilizzato” per vari scopi ma partecipa attivamente alle varie attività della famiglia che nel rispetto della sua diversità gli offre un corretto e coerente stile di vita.
Questo metodo non utilizza coercizione né maniere brusche ma non per questo è inefficacie. La sua applicazione richiede molta fermezza e coerenza condite però di gentilezza. Mette in risalto la mente dell’animale, favorisce l’apprendimento attraverso esperienze e conoscenze, favorisce la collaborazione piuttosto che la dominanza e, tramite la conoscenza del comportamento  permette di migliorare e raggiungere ottimi livelli di comunicabilità. La COMUNICAZIONE è il  principio su cui si fonda ogni relazione di successo. Noi e i nostri cani parliamo lingue diverse e fino a quando non impareremo la loro, continueremo a comunicare l’incomunicabile. Gli innumerevoli episodi di aggressività sempre più alla ribalta, non sono da imputare ad “una mancanza di polso”, come qualcuno crede, ma proprio ad una mancanza di comunicazione, causa di relazioni improprie.
La maggior parte di voi che in questo momento mi legge, conosce già questo metodo e ne è già stata testimonial. Lo ha amato, apprezzato ed ha sognato di applicarlo. Chi ha letto o visto i film  “Zanna Bianca”, “Il Richiamo della Foresta”, ed altri dello stesso filone, avrà disapprovato chi voleva ottenere dei risultati esercitando violenza e avrà approvato chi invece li otteneva con dedizione, pazienza, amore, entrando in sintonia con l’animale (mi piace definire Jack London  pioniere del metodo e della moderna educazione cinofila).
Il romanzo “L’uomo che sussurrava ai cavalli” di Evans, è una dimostrazione di questo modello educativo e chi si è commosso per la magica atmosfera di comprensione e rispetto che si creava tra i due protagonisti, chi si è commosso per quello scambio di sguardi intensi, testimoni di una raggiunta armonia, inconsapevolmente ha apprezzato proprio questo metodo che oggi si avvale degli studi di etologia, antropologia, psicologia, pedagogia, neuroscienze e biologia..
Entrare in sintonia con il proprio cane è molto gratificante. Se vi capita di osservarlo e di chiedervi “chissà cosa pensa”, se sentite che tra di voi potrebbe esserci qualche cosa di più, se non vi giustificate alcuni suoi comportamenti, potete trovare le risposte che cercate con l’aiuto di professionisti che si avvalgono di questo metodo e che vi accompagneranno nella scoperta del vostro cane e, sorprendentemente, di voi stessi.

 

Il cucciolo, le vaccinazioni e la socializzazione.


dsc_0112_800x5371Quando si adotta un cucciolo, tra le prime raccomandazioni che vengono fatte c’è anche quella di non farlo uscire di casa fino a quando non ha ultimato tutte le vaccinazioni. Questo però preclude al cane una corretta socializzazione che deve avvenire proprio nei suoi primi mesi di vita.

Il comportamento del cane e il suo carattere si formano attraverso step ben precisi. Dalla 4^ alla 12^ settimana il cucciolo attraversa il periodo della socializzazione. Questa è una fase molto importante per il suo sviluppo comportamentale, infatti è proprio in questo periodo che il piccolo prende coscienza della realtà che lo circonda. Se diventerà capace di reagire agli stimoli in modo adeguato o meno, dipenderà da quanto e come vivrà le esperienze che gli verranno sottoposte.

Seguendo le tappe delle sue fasi di sviluppo, il cucciolo deve interagire con mamma e fratellini (almeno fino ai 2 mesi), famigliarizzare con altri cani, altri animali, persone e ambiente.

Se questo non dovesse avvenire, è possibile che reagisca con manifestazioni di paura e di fuga di fronte ai vari stimoli e il cane non vivrà serenamente. Inoltre la paura è una della cause di manifestazioni comportamentali aggressive.

Il periodo di socializzazione coincide con quello della profilassi vaccinale: da piccoli la loro risposta immunologica è minore rispetto a quella di un cane adulto, pertanto fino a quando il ciclo delle vaccinazioni non sarà completato, il cane non sarà completamente protetto dai vari agenti infettivi. Il veterinario quindi potrà sconsigliare le uscite e la frequentazione di altri cani.

E’ fondamentale proteggere il cane dal punto di vista sanitario ma lo è altrettanto garantirgli una socializzazione corretta in questa fase così delicata e decisiva per la sua vita futura (imprinting). Considerato che tante piccole esperienze devono essere  da lui vissute necessariamente dal 2° al 3° mese, come si può fare per conciliare le due cose?

Un buon compromesso è quello di fargli conoscere cani regolarmente vaccinati di amici, conoscenti, parenti, in ambiente controllato come i rispettivi giardini o abitazioni. Così facendo il cucciolo impara anche ad interagire con altri esseri umani (bambini compresi)  ed eventualmente altri animali. Impara a conoscere rumori, odori  e varie tipologie di situazioni, compreso il viaggio in auto.

Nella sua abitazione l’ambiente potrà essere arricchito  con oggetti di svariate forme, colori e materiali: scatoloni, caschi, ombrelli…tutto ciò che potrà trovare un domani sulla sua strada.

E’ fondamentale che il cucciolo faccia queste esperienze  nel modo e nel momento giusto, nel rispetto dei suoi tempi e delle sue reazioni, senza mai essere forzato. Tutto deve essere proposto a piccole dosi e in modo piacevole, evitandogli spaventi e stress. E’ un periodo estremamente delicato: farsi accompagnare in questo percorso da un esperto che farà conoscere le esigenze del cucciolo, è sicuramente consigliabile per evitare errori che potrebbero diventare irreversibili. Se tutto verrà gestito nel modo giusto il piccolo crescerà equilibrato, pronto ad affrontare la vita insieme ai suoi compagni umani con curiosità, sicurezza e vivacità mentale.

 

DOG OLYMPIC GAMES


INIZIA IL CONTO ALLA ROVESCIA…

Dog Oympic GamesSi è appena spento l’eco dei giochi invernali di Vancouver, che già si inizia a guardare avanti, al prossimo evento Olimpico: non parliamo di Londra 2012, bensì della prima edizione di un altro tipo di giochi Olimpici, quelli “Cino-Olimpici”. Ebbene sì, il prossimo autunno, dal 14 al 17 ottobre 2010, avranno luogo a Lignano Sabbiadoro i primi Dog Olympic Games® (DOG®) della storia della cinofilia italiana ed europea, un evento che avrà cadenza biennale e che vedrà come protagonisti proprio i nostri cari amici a quattro zampe. Non ve l’aspettavate, vero? Il Centro Sportivo Educativo Nazionale, sempre attento ai cambiamenti e aperto alle novità, ha fatto centro di nuovo: già solo in questa prima fase di lancio, i DOG® sono l’evento che a livello europeo sta riscuotendo un successo sorprendente, tra gli appassionati.
Lo scopo è quello di fare dei DOG® una festa internazionale della cinofilia sportiva e della cultura cinofila, dove lo scopo principale sarà partecipare piuttosto che quello di vincere. Le discipline previste nella prima edizione di questi innovativi Giochi Cino-Olimpici saranno ben 11 (agility, jumping, tunnel cup, rally obedience, obedience, fly ball, disc dog, dog dance, ricerca, nuoto e riporto in acqua) con le gare che si svolgeranno tutte venerdì e sabato mentre le finalissime saranno disputate nella giornata di domenica. Ma c’è di più: in contemporanea all’aspetto agonistico i DOG® saranno arricchiti anche da un aspetto sociale-scientifico.
Nella tre giorni friulana saranno infatti svolti anche convegni veterinari, seminari, corsi di formazione, presentazioni di prodotti e servizi, che godranno tutti del patrocinio di SCIVAC. Anche la location dei DOG® è speciale: il tutto si svolgerà infatti all’interno del moderno resort turistico del Villaggio Sportivo “Ge. Tur.” di Lignano Sabbiadoro (UD), un’immensa struttura di recente costruzione immersa in 60 ettari di pineta, con una capacità di accoglienza nei suoi residence pari a 3000 posti, con 5 ristoranti, 10 strutture sportive (tra piscine, campi di calcio e basket) opportunamente adattate per l’evento e oltre 15 tra sale per riunioni e conferenze.
Nei prossimi giorni verrà pubblicato il Sito dedicato ai DOG®. www.dogolympicgames.eu

Qui il programma

 

Fred Astaire (o Ginger Rogers) a 4 zampe.


Il Dogdance consiste nel far eseguire al cane esercizi e figure a tempo di musica, con l’obiettivo di mostrare il cane e il conduttore in un programma musicale creativo, innovativo, originale, usando la musica e movimenti complessi che mettano in evidenza il lavoro di squadra, artistico, scenografico, atletico, e lo stile di interpretazione del tema musicale.
Non è indispensabile che il conduttore sia un ballerino, conosca o esegua passi di danza, nel dogdance la “STAR” principale è il cane e il motivo musicale e la struttura della coreografia vengono costruiti per valorizzare il suo temperamento e le sue particolari caratteristiche.

L’importante è sapere che il Dogdance è una disciplina sportiva che deve realmente dimostrare la gioia e il divertimento che unisce proprietari e cani, con rispetto e serietà, senza in alcun modo mettere in ridicolo il cane con figure o movimenti non naturali.

Il Dogdance, come le altre discipline cinofilo sportive già conosciute, aiuta il cane a sviluppare le sue qualità sia fisiche che mentali e l’umano a capire un po’ meglio il proprio amico a quattro zampe. Il lavoro di “squadra”, migliora la relazione uomo – cane e la capacità di comunicare perché si deve creare nel binomio una forte intesa, fatta di sguardi, gesti, parole e questo fa si che vengano forniti innumerevoli opportunità per migliorare la vita quotidiana. (articolo tratto da CSEN-settore cinoflia).

A questa descrizione mi permetto di aggiungere una nota pesonale che ritengo indispensabile per godere appieno l’uno dell’altro e per non rischiare di perdersi momenti irripetibili. Dimenticatevi la competizione. State  insieme al vostro cane e divertitevi con lui. Non mirate al risultato finale ma godetevi il percorso insieme.

 

Una conoscenza bestiale


zampamicaAd un corso frequentato agli inizi del mio percorso formativo ha partecipato una femmina di Husky che da cucciola era stata vittima di un incidente. Il trauma riportato le aveva fatto perdere l’uso di un occhio e delle zampe posteriori.  La sua proprietaria aveva preferito non raccogliere i consigli che le suggerivano la soppressione dell’animale. In barba al destino l’ha chiamata Gioia è l’ha munita di un ausilio a rotelle che le permettesse la deambulazione. Non ricordo che età avesse il cane quando ha partecipato al corso di educazione ma ricordo come sia stato possibile farle fare buona parte delle attività previste dal corso stesso.   Grazie alla conoscenza delle capacità cognitive del cane ed al corretto approccio da adottare abbiamo tutti visto ed imparato come un cane, anche se privato di una parte importante della sua motilità,  possa condurre una vita decorosa ed attiva. Valorizzare la sua mente e tenerla attiva gli consente un impegno pari a quello fisico, lo gratifica e sopperisce alla mancanza di attività motoria alla quale è obbligatoriamente costretto a rinunciare.

Fino a qualche anno fa questo non sarebbe stato possibile. L’addestramento del cane prendeva in considerazione solo l’aspetto performativo (l’esecuzione di comandi) e per questo Gioia non avrebbe potuto avere una vita serena o, forse, non avrebbe proprio vissuto. Fortunatamente tutto è in evoluzione e con l’avvento del metodo cognitivo-zooantropologico si è scoperto un nuovo modo di vivere con il proprio cane, valorizzando la sua diversità e abbandonando quel deleterio retaggio culturale che lo considerava un essere inferiore.

L’approccio cognitivo zooantropologico è scienza e non fantascienza. Si avvale degli studi di etologia, antropologia, psicologia, pedagogia, neuroscienze e biologia.

In due parole ecco perchè approccio “cognitivo-zooantropologico”:
- cognitivo: la mente del cane è attiva ed elaborativa e i comportamenti ne sono la sua espressione
-  zooantropologia: è la scienza che studia il rapporto tra l’uomo e le altre specie e si propone di far conoscere la straordinaria importanza della relazione con gli animali. In cinofilia l’incontro delle due entità uomo-cane dà frutto ad un rapporto teso a valorizzare, arricchire ed equilibrare tale relazione. Fornisce gli strumenti per capire a fondo il proprio cane e farsi capire da lui. Il cane non viene più considerato un soggetto passivo, “utilizzato” per vari scopi ma partecipa attivamente alle varie attività della famiglia che nel rispetto della sua diversità gli offre un corretto e coerente stile di vita.

L’approccio cognitivo zooantropologico è COMUNICAZIONE, principio su cui si fonda ogni relazione di successo.

Se vi capita di osservare il vostro cane e di chiedervi “chissà cosa pensa”, se sentite che tra di voi potrebbe esserci qualche cosa di più, se non vi giustificate alcuni suoi comportamenti, potete trovare le risposte che cercate con l’aiuto di educatori cinofili che si avvalgono di questo metodo e che vi accompagneranno nella scoperta del vostro cane e, sorprendentemente, di voi stessi.

 

Conoscere noi stessi per conoscere loro


Che cos’ è lo specismo

specismoIl filosofo Peter Singer definisce lo specismo nel modo seguente:

“Un pregiudizio o attitudine di una “specie” che parteggia per gli interessi dei propri membri, a discapito di quelli che appartengono ad altre specie.”

Lo specismo è il motivo comune per discriminare un individuo sulla sola base della sua appartenenza ad una specie. Le basi sono le stesse di quelle di chi nutre dei pregiudizi sulla razza (razzismo) e sull’ appartenenza ad un sesso (discriminazione sessuale). Quando si parla della sofferenza umana, in quanto Homo Sapiens, e la si considera più grave della sofferenza di un animale, si è per così dire colpevoli di “specismo”. Per lo stesso motivo la morte di un essere umano, dal momento che esso appartiene alla specie Homo Sapiens, è peggiore della morte di un animale. Una pratica lampante dello specismo è l’ industria della carne, la sperimentazione sugli animali e gli allevamenti per la produzione di pellicce. Lo specismo è un’ideologia le cui ragioni non si fondano su una base oggettiva. Non la si può giustificare con un’argomentazione logica, ma la si difende come un dogma, una verità divina.

Il più comune argomento nella storia della filosofia è che le umane capacità mentali, la parola e la cultura, permettono all’ uomo di utilizzare l’ animale. Oggi però è un’argomentazione facile da obiettare. L’ intelligenza è moralmente rilevante solo nei casi, per esempio, in cui si deve ottenere il diritto di voto o il diritto di prendere la patente ecc. Gli animali non hanno (come d’ altronde i bambini e i ritardati mentali) alcun interesse verso questi diritti, ma lo hanno verso quelli fondamentali, ovvero il diritto alla vita e alla libertà, di evitare le torture, eccetera, cioè i bisogni che non hanno nulla a che vedere con l’ intelligenza dell’individuo. Se intendessimo che l’ intelligenza sia moralmente rilevante, significherebbe che bambini ritardati potrebbero essere sottoposti a dolorosi esperimenti scientifici oppure potrebbero essere allevati per produrre cibo. L’ errore di fondo di questa argomentazione è il pensare che la nostra superiorità intellettuale ci dia una posizione (di superiorità) morale.

Che gli animali abbiano un QI inferiore di quello di un essere umano medio è sicuramente un motivo per non dare agli animali il diritto di andare all’ università, ma non la scusa per provare gli effetti di un concentrato di shampoo nei loro occhi. Quando si versa shampoo negli occhi di un coniglio per testare i danni di un prodotto da commercializzare, causandone la cecità, che rilevanza ha l’ intelligenza limitata del coniglio? Un essere meno intelligente non soffre meno di uno più intelligente nell’avere shampoo negli occhi. In questa situazione l’intelligenza non è rilevante così come non lo è il colore delle pelle, il sesso, o l’appartenenza ad una specie.

La sofferenza degli animali deve essere considerata tanto dolorosa quanto quella degli esseri umani. Essere uccisi capita raramente indolore, perciò non dovremmo mettere fine ad una vita felice, sia essa consapevole o no. Tenendo conto che molto raramente ci troviamo in situazioni dove dobbiamo scegliere tra la vita di un animale e quella di un essere umano, sarebbe meglio, di regola non uccidere mai, indipendentemente dalla capacità intellettuale l’individuo in questione. Tanto l’uomo quanto l’animale non esistono per essere utilizzati. Gli animali del mondo esistono per essi stessi. Non furono fatti per gli uomini, più di come i neri per i bianchi o le donne per gli uomini.