I cani italiani, combattenti nella ex Jugoslavia


cani combattentiGianni era un incrocio fra uno yorkshire e qualcos’altro di altrettanto piccolo e strapazzato. Non viveva bene, nel canile di Reggio Calabria. Ma almeno viveva. Una notte lo hanno preso e lo hanno fatto diventare uno “sparring partner”, come quei poveretti che vengono riempiti di sganassoni dai boxeur in allenamento. Gianni è durato poco: è morto in Bosnia, tra i denti di un pitt bull che si doveva esercitare per il Montana show, combattimento illegale tra cani della ex Jugoslavia. Fatto a polpette.

I nostri bastardini rapiti finiscono pure così: nelle arene italiane e straniere a vedersela con altri animali più grandi e grossi di loro. Per la gioia….

e per le scommesse clandestine degli umani. Puntate che partono da un minimo di 250 euro per arrivare fino a decine di migliaia di euro. A organizzare i combattimenti sono veri e propri gruppi criminali che gestiscono il traffico dei cani dall’estero e la loro diffusione in Italia.
A lezione di crudeltà

La preparazione al combattimento prevede per gli animali un addestramento violento e torture inflitte già da cuccioli. «A causa di questi maltrattamenti che ne condizionano il comportamento- denuncia la Lav-, questi animali sono considerati veri e propri mostri, possenti e crudeli creature pronte a uccidere e aggredire». Dall’ultimo rapporto zoomafia emerge che restano zone privilegiate per l’addestramento e il combattimento tra cani alcune province d’Italia come Napoli, Palermo, Caserta, Bari, Foggia, Ragusa. In undici anni, dal 1998 al 2008, sono state denunciate 431 persone e sequestrati 1041 cani. La punta dell’iceberg.

Gruppi di nomadi, pregiudicati e criminalità organizzata gestiscono un business che frutta trecento milioni di euro l’anno solo in Italia e che coinvolge 15mila cani. In Puglia, per rendere le lotte più “divertenti”, hanno perfino creato una razza ad hoc, il …………………..

Ma è il traffico verso i Paesi dell’Est quello che preoccupa di più: in Croazia e Slovenia la tradizione dei combattimenti tra cani affonda nel passato. La tratta è nascosta e se ne trovano poche tracce. Ne sono bene informati gli animalisti che vivono sul confine, e a Trieste. Qui esiste una vera e propria lista nera di persone a cui canili e associazioni non devono per nulla al mondo cedere animali. Si sa, infatti, che i cani di taglia grossa vengono portati in Slovenia e in Croazia per combattere, mentre i piccoli vengono usati per gli allenamenti. I migliori valgono migliaia di euro. Gli altri, qualche centinaio. I compratori slavi aggirano l’ostacolo delle black list rivolgendosi direttamente ai canili e agli animalisti del Sud Italia: chiedono di poter adottare gli animali, se li vanno a prendere e li portano al macello. Per questo ora gira di mail in mail un appello disperato: «Assolutamente non date pitt bull, molossoidi, caucasi e similari sia cuccioli che adulti nella zona di Trieste e nella fascia del Friuli Venezia Giulia che confina con la Slovenia», scrive Lidia Ferrari. «Noi a Trieste abbiamo ricevuto un’infinità di richieste per cani di questo tipo da personaggi veramente poco raccomandabili. Vi ricordo che sia qui nel nostro Carso Triestino, sia in quello Sloveno ma ancor più liberamente in Croazia, i combattimenti tra cani sono all’ordine del giorno».Gli animalisti triestini vedono spesso padroni cedere i propri cuccioli perché «ghe voio tanto ben ma el xe cressudo tropo». Più spesso però i cani vengono rapiti, dai canili o dai parchi pubblici. Si parla di 26mila cani spariti ogni anno, in Italia. Oltre ai combattimenti, gli animali sottratti servono per l’accattonaggio.
Caccia grossa
Pointer, kurzaar, bracco ungherese e alcune razze da cerca e riporto come lo springer spaniel e il cocker spaniel inglese, il segugio maremmano e tutti i cani delle razze setter e bracco sono invece rubati per i cacciatori. Era l’ottobre del 2007 quando la polizia fermò all’aeroporto di Rimini un carico di cani rubati a Napoli e pronti a partire verso l’Ucraina con un volo dedicato ai cacciatori. Gli animali erano accompagnati da un pregiudicato, indosso al quale fu trovato anche un kit per falsificare i passaporti. La polizia accertò che i cani, setter rubati, erano stati venduti a seimila euro l’uno.

«Le quotazioni di questi esemplari arrivano a cifre da capogiro, dato che si include il costo dell’addestramento cui sono stati sottoposti e delle capacità dimostrate nelle specifiche attività venatorie. Per i cacciatori risulta più facile acquistare un animale adulto e già addestrato che crescerne uno e seguirlo passo dopo passo nell’apprendimento dei segreti e dei meccanismi dell’attività venatoria», dice Lorenzo Croce dell’Aidaa.

Rubati, ceduti, venduti, vivisezionati, addestrati a combattere o semplicemente dimenticati in canile. E per fortuna che sono i nostri migliori amici.

Tratto da Libero News del 31.8.09 Albina Perri

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